mercoledì 23 gennaio 2013

:REPORT: DESTINATION MORGUE VI


:REPORT:

DESTINATION MORGUE VI 
Closer, Roma, 4/5 Gennaio 2013

Parole di: Federica Lemme

Sono cantori di scenari catastrofici e metafisici i protagonisti di DM. Poeti con nulla di poetico perché lontani dall’asservimento della lingua. I sensi hanno solo suono e la poesia non vivrà mai nella forma di un illusorio alfabeto, ma nel rumoroso contatto tra carne e asfalto. Il Destination Morgue è l’unico evento italiano che incarna questo spirito. “Proponendo”, come spiega l’organizzatore Alessandro Marchettini, “live di mostri sacri della scena industrial italiana assieme a gruppi contemporanei, è mostrata la continuità di certa filosofia. La musica industriale attuale si rivolge alla società di oggi con gli stessi intenti di quella di trent’anni fa: sradicare le forme di controllo ridefinendo la cultura”. In principio non c’era il verbo. Ma rumore, feedback e chitarra elettrica. Marcello Fraioli, Spectre, riprende il discorso “industrial ritual & noise” accantonato con il progetto solista e con gli Ain Soph. Tra abiti che citano l’hardecore punk e Lou Reed, dopo ‘Mantra Voluntatis’ e ‘10 Pezzi Facili’, si riconduce alle origini distorte. Dove la nudità del muscolo teso, quella che annuncia No Light For Tomorrow, ha trovato il materiale per rielaborare il (de)genere industrial. Le parole sono silenzio e cadono nel nulla. Nella chitarra di Simona Ferrucci delle Winter Severity Index che entra nell’ombra di Alessandro Marchettini, giocando con prospettive ed echi. In accenni trip hop che cambiano la postura, ma non il sen(s)o dell’oscurità. Perché è da prima dei Throbbing Gristle che la musica inustriale annoda i suoi polsi al sadismo dell’inconscio. Nei paesaggi di ‘Terra Australis Incognita’ di LCHM vive una malinconica tensione avanguardista. Sono luoghi che richiamano l’atavica memoria della “Vergine Fredda”. Forse sono le stesse esoteriche terre abitate da Iugula Thor. Tra le strade di Crowley e di The Process Church Of The Final Judgment. Nel frastuono dei poeti morti nel coito di quel suono che non conosce il punto e la virgola. Nelle albe spente che calpestano territori thrash e speed metal. Ad aprire le porte della percezione, sopra quell’universo isolato in cui vive la ricerca della libertà che destruttura l’autorità sonora e poetica, è il progetto di Stefano Di Serio, Lyke Wake, sospeso tra cosce dove colano elettronica alla Jean Michel Jarre e fantascientifici orgasmi ballardiani. Incubi interrotti dal ritmo metafisico di Urna. Distorsioni e melodia, folklore nell’oscurità sciamanica. Gianluca Martucci ci guida in un viaggio circolare di morte e resurrezione, con l’aiuto di un visual ossessivo, componente che caratterizza il DM. Unica eccezione è il limpido live di Gianluca Becuzzi, un rituale minimale in cui soltanto l’anatomia cerebrale del singolo conduce nel desiderio rimosso. Unicamente la psiche e non il sigillo. Poi, la Bibbia o la cronaca en noir della diabolica messa intrisa di citazioni di Satanismo Calibro 9. Il suono del senso oscuro. Un tremito in cui il segno si perde nell'indeterminatezza minacciosa per lasciare l’immaginazione al personale orrore.

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